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LA NOTTE DEL 20 LUGLIO 1969

Satellites, la caccia alle astronavi nelle steppe russe

di Carlo Ferri

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10 LUGLIO 2009

Il Cosmodromo di Baikonour, in Kazhakstan, è il più antico spazioporto del mondo da cui partono i vettori missilistici che la Roscosmos (agenzia spaziale russa) utilizza per il lancio di satelliti e velivoli spaziali che - come la Soyuz - vengono usati per i rifornimenti della Stazione Spaziale Internazionale. Attorno a questa sorta di Cape Canaveral delle steppe dell'Asia centrale si estende una costellazione di stati e staterelli quasi sconosciuti, abbandonati al loro destino dopo la disgregazione dell'impero sovietico. Paesi come il Transdniester, l'Abkhazia, il Nagorno-Karabakh o la Valle di Ferghana, sono in realtà nazioni-satelliti della grande madre Mosca unite da uno stesso denominatore comune: la ricerca di un'identità storica, religiosa e ideologica che la fine dell'Urss non ha fornito a queste popolazioni.
Tra il 1998 e il 2005 il fotografo norvegese Jonas Bendiksen ha viaggiato in quest'angolo sconosciuto del nostro pianeta portando alla luce tutti i contrasti culturali di una società che per il resto del mondo è praticamente inesistente. Le sue immagini, contenute nel saggio fotografico Satellites e pubblicate in collaborazione con la prestigiosa agenzia Magnum Photos, ci conducono tra piccole comunità del Caucaso e della Siberia lontane anni luce dall'emisfero occidentale del nostro pianeta.
Dato che mettere in orbita un satellite commerciale dal Kazhakstan costa meno che da qualunque altra base di lancio, il Cosmodromo è richiestissimo dalle agenzie spaziali di tutto il mondo. La maggior parte dei razzi lanciati da Baikonour, tuttavia, dopo aver portato i satelliti nell'alta atmosfera per posizionarli nello spazio attorno alla Terra, si convertono in inutili pezzettoni di metalli non più riutilizzabili. In caduta libera verso la superficie terrestre, questi rottami spaziali finiscono per abbattersi proprio su quei territori abitati, invece di precipitare nell'oceano come accade, ad esempio, per i vettori americani ed europei.
Ma oltre a dover convivere costantemente con il timore di vedere cadere sulle loro teste uno di questi detriti in fiamme, gli abitanti dei villaggi della Siberia sud orientale devono difendersi anche da un altro nemico: l'avvelenamento dei campi causato dagli elementi radioattivi e dal carburante di propulsione presenti nei resti dei veicoli spaziali. Una delle foto più emblematiche del libro Satellites è sicuramente quella che ritrae un gruppo di mucche gonfie e stecchite vicine a rifiuti caduti dal cielo, avvelenate dal foraggio impregnato di sostanze nocive disperse in quell'ambiente.
Con tutto ciò Bendiksen ci fa conoscere anche l'altra faccia della medaglia. I giorni in cui vengono lanciati i razzi sono infatti momenti di festa per alcuni abitanti di quelle regioni. Bambini e adulti attendono impazienti con il naso rivolto verso l'alto il lancio di un nuovo vettore, e non solo per godersi quello spettacolo della tecnologia moderna. Dopo qualche minuto dal lancio, una legione di cacciatori di astronavi intraprende una corsa sfrenata a bordo di furgoni arrugginiti per accaparrarsi quelli che sono ormai ferrivecchi spaziali e iniziare a rosicchiare - con strumenti contundenti di ogni tipo - le ossa di quelle carcasse metalliche. Ossigeno, idrogeno, batterie e componenti elettrici sono solo alcuni tra i componenti nocivi ancora contenuti in quelle rovine del futuro ma che comunque rappresentano una fortuna per questi rigattieri del secolo XXI, dèditi a recuperare quanto materiale possibile da questi tesori caduti dal cielo. I relitti spaziali formati da alluminio e acciaio, oltre che da leghe ad elevata concentrazione di titanio, costituiscono per loro una risorsa preziosissima in grado di dare da mangiare a famiglie intere per qualche mese, ma anche di arricchire una mafia che prospera proprio grazie al recupero di quei materiali di scarto dello spazio.

10 LUGLIO 2009
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